Adoro le giornate piovose, mi hanno sempre dato un senso di piacevole familiarità, come se nella pioggia ci si dovesse stringere un po’ di più, agli altri o a se stessi.
Le amo in estate, quando un temporale improvviso spezza l’arsura e lava via, dalla pelle nuda, il sudore di una quotidianità ingombrante. Le amo in autunno, quando la luce è meno invadente, e all’aria grigia e densa si contrappongono i colori del bosco in mutazione. Le amo perché profumano di rinascita.
E’ come se la pioggia ci avvolgesse in involucri, in bozzoli temporanei con l’ombrello come massima estensione. Per covarci un po’, racchiuderci in quei bozzoli e riconsegnarci ai raggi del sole più puliti. Come se con la pioggia andasse via anche parte della negatività, come se le gocce di pioggia fossero le lacrime dei nostri pensieri.
Oggi piove, in una giornata che profuma di camini fumanti e caldarroste sul fuoco, di tè speziati e caffè bollenti. La pioggia di domenica è una pioggia tutta da vivere. I bambini, non potendo andare al parco, si rintanano in casa e scoprono vecchi giochi per farli nuovi. Le famiglie si radunano in pranzi che diventano cene. Ci si nasconde sotto una coperta spessa e calzettoni pesanti, a vedere un film, a leggere un libro. Il gatto non miagola per uscire di casa, si accovaccia invece sulle gambe di chi distrattamente guarda la pioggia attraverso una piccola finestra su un angolo imprecisato di mondo. Il cane dorme e russa nella sua cuccia ai piedi della libreria, sognando e pregustando le corse nel fango del giorno successivo.
La pioggia risistema le cose intorno a noi, in un certo senso le riordina, soprattutto nella mente. Per questo in un periodo di così grande confusione sento di aver bisogno di ogni singola giornata di pioggia. Ho raccolto la pioggia camminando lungo viali alberati sotto un ombrello verde, troppo piccolo per due persone, annusando umidi sogni emergere lentamente, spiando ignari passanti immersi nella vita ed edifici fermi, quasi sospesi in un tempo indefinito.
Quando il mio tempo sotto la pioggia era terminato non mi sentivo ancora pulita, non sentivo maturo il tempo per uscire dal mio bozzolo lentamente formato, ma non si può fingere la pioggia. Così la giornata si è allungata, io ero altrove e le gocce hanno lasciato e ripreso le loro corse, imperturbabili. Le osservavo distaccata da una finestra, con il mio bozzolo che sentivo evaporarmi via di dosso.
Poi sono tornata.
La pioggia non scendeva più dal cielo, le nuvole avvolgevano in un silenzio bagnato tutte le cose. Tranne gli alberi. Il bosco infatti è sempre in ritardo sul resto del mondo, nel bosco si sentono ancora rumori di gocce quando la pioggia è già altrove. Nel bosco inizia a piovere più tardi, perché le foglie giocano a raccogliere quei pezzetti di cielo che cadono, fingendosi nuvole. Poi, esauste, le lasciano cadere in una nuova pioggia.
Una pioggia personale, lì ad aspettarmi.
Ho lasciato tutto, le buste, i dubbi e le perplessità, lì nell’ingresso di casa e sono scappata nel bosco. Camminando sotto le foglie colme di gocce, ascoltando solo il rumore dei miei pensieri e di quella pioggia tutta mia, sentivo riformarsi l’involucro. Persino i passo dei miei anfibi sembravano essere soffocati da quel momento morbido, facendomi definitivamente perdere in un mondo di colori umidi, profumi terrosi e ragnatele di pensieri.
Solo quando sono stata sazia di quel momento ho lasciato che l’involucro si sciogliesse e che le gocce del bosco scivolassero dalle nuvole di foglia proprio dentro i pensieri, mentre tornavo verso casa.
Umida, fin dentro l’anima, eppure felice. Come un bosco colorato e vivo, avvolto da una coltre di nebbia grigia, in un mondo ancora umido di pioggia.